Posta alle pendici del colle Sant’Elmo, la cittadella monastica sede dell’istituto “Suor Orsola Benincasa”, domina l’intera città e il golfo di Napoli. In origine il monastero, l’intero complesso fu costruito a cavallo fra il secolo XVI e XVII ed è composto da otto grandi corpi di fabbrica di cui due sono chiese con annessi i relativi chiostri e giardini pensili. Dal 1864 è sede di istituzioni scolastiche che, a partire dall’iniziale piccolo insediamento, si sono estese e ramificate fino a coprire tutti i gradi dell’insegnamento. Attualmente ospita anche un’università, l’unica non statale del Meridione, organizzata su diversi corsi di laurea tra i quali anche quello dedicato alla Conservazione dei Beni Culturali.

Per rispondere alle nuove esigenze delle comunità universitarie e, soprattutto, per riqualificare sia dal punto di vista strutturale sia da quello funzionale gli spazi, nel 2000 sono iniziati i lavori di ristrutturazione che interessano tutto il perimetro della cittadella, mura monastiche comprese. L’appalto dei lavori, che si aggira attorno ai 12 miliardi di lire, finanziato dalla comunità europea, è stato affidato alla Società Cooperativa Edil Atellana di Casagiove, mentre il progetto è stato redatto a cura del professore Renato Sparacio di Napoli. Accanto alle ristrutturazioni, particolarmente impegnative, sono previsti interventi di nuova costruzione tra i quali spiccano, per dimensioni e caratteristiche progettuali, quelli dell’aula magna e del nuovo archivio generale.

L’aula magna ha una capienza di circa 400 posti a sedere ed è interamente scavata nel tufo. Tenuta in considerazione la posizione particolarmente disagiata del cantiere che al riguardava (un’area sopraelevata, sostanzialmente occupata dallo spazio da edificare), la rimozione del materiale incoerente di scavo è stata effettuata tramite una canalizzazione che ne ha consentito lo stoccaggio ai livelli inferiori dove si è potuto caricarlo su camion e poi allontanarlo a discarica. Lo scavo è stato necessariamente effettuato mediante attrezzature di ridotte dimensioni, come ad esempio miniescavatori o martelli demolitori manuali. La logistica di cantiere ha richiesto un’organizzazione dettagliata e regolata da precise tempistiche. in quanto, in relazione agli esegui spazi disponibili, in alcune situazioni non è stato neanche possibile stoccare sul posto tutto il materiale immediatamente necessario alle fasi di lavoro. Particolari problemi si sono riscontrati per l’approvvigionamento del calcestruzzo da utilizzare per i getti delle strutture e delle fondazioni; essendo queste, in alcuni casi, di notevoli dimensioni non era pensabile organizzare il trasporto direttamente mediante cestelli sollevati da gru, in quanto si sarebbero senza dubbio create delle discontinuità nel getto stesso, con conseguente compromissione della qualità dei manufatti. Si è quindi optato, già in fase di predisposizione delle operazioni, per un sistema di distribuzione gestito da pompe a cavità elicoidale, alimentate mediante una piccola tramoggia caricata tramite cestelli da gru da 1 metro cubo. Questi macchinari, prodotti dalla Bunker di Casandrino, consentono di trasportare notevoli quantità di calcestruzzo normale o di cemento cellulare, anche a significative distanze. Inoltre la dimensione di tali attrezzature è abbastanza ridotta e ne ha consentito l’impiego anche nelle difficili condizioni di cantiere sopra descritte.

L’intera struttura dell’aula magna, alta circa 6,50 metri, poggia su terreno consolidato mediante infissione di micropali, che sono stati messi in opera anche sotto le principali strutture di accesso (due blocchi scala di cui uno di servizio) dove si sono inoltre predisposti, pèer migliorare la stabilità del sistema, elementi di tirantatura orizzontali e verticali. Il tufo in blocchi, scavato durante la realizzazione delle fondazioni, è servito per ripristinare la cinta murararia adiacente alla scala, che versava in condizione alquanto degradate. Tale porzione della cinta muraria, quasi quasi completamente crollata, infatti è stata recuperata e consolidata mediante la posa di fasce in fibra di carbonio, di una serie di micropali e di tiranti speciali. Una volta stabilizzato il terreno e gettata la fondazione, opportunamente armata, si è potuto realizzare la predisposizione per l’impianto di condizionamento, sulla quale poi è stata effettuata una gettata di copertura; in corrispondenza di ogni seduta è sta a collocata una bocchetta di emissione di aria. Sul lato dell’aula magna situato a monte, verrà lasciata in vista la parete in tufo, mentre il lato opposto sarà completamente vetrato (sono in progetto sistemi di oscuramento idonei ad ottimizzare il microclima interno, rendendolo di fatto il meno possibile influenzato dalle condizione esterne), lasciando libera la vista sul golfo di Napoli.

Completeranno l’intervento i locali adibiti a servizi, quelli che ospiteranno gli impianti di condizionamento e un ascensore predisposto per i disabili. Al di sopra della copertura è stato previsto l’allestimento di un’area ricreativa per gli studenti. L’intera struttura dell’aula magna è sta anche concepita per funzionare da “fermo” alle grandi murature in tufo che la sovrastano: infatti gli elementi portanti ed in particolare i contrafforti ed i pilastri di sostegno dal lato della montagna sarebbero sovradimensionati nel caso fossero dedicati esclusivamente al sostegno della copertura dell’aula; essi servono anche a bloccare eventuali smottamenti del tufo e delle murature, mettendo definitivamente in sicurezza il manufatto storico ristrutturato.

E’ stata anche riqualificata tutta la parte destinata alle aule (di ogni ordine scolastico dalle elementari alle classi universitarie); il cantiere in questo caso, aveva dei tempi di lavoro da rispettare con estremo rigore: dalla chiusura delle scuole , il 20 di luglio, alla loro riapertura, il 15 settembre. Tali tempi erano particolarmente ristretti se si considera che la strutturazione è stata decisamente impegnativa , interessando l’edificio nella sua totalità. Sono stati infatti risolti problemi strutturali , di umidità di risalita, cambiate le destinazioni d’uso ed implementati i livelli di sicurezza in modo da adeguarli ai moderni canoni in vigore per l’edilizia scolastica. In particolare è stato necessario consolidare numerosi elementi voltati con l’inserimento di fasci di fibre di carbonio in modo da implementare la portanza, anche in vista delle nuove destinazioni d’uso. Particolare difficoltà ha rivestito la problematica dell’umidità di risalita che, in alcuni casi, per lo spessore delle murature (forte superficie di pescaggio) e per la posizione dei locali (sotteranei o appoggiati direttamente al fianco della collina ove si riscontra una notevole presenza d’acqua), raggiungeva anche le volte, con la conseguente creazione di efflorescenze e muffe. In questi casi si è intervenuti, previa rimozione degli intonaci ammalorati, sia con sistemi meccanici (rimozione delle cause mediante la creazione di scannafossi o altri interventi simili) sia mediante l’applicazione a tutta altezza di intonaci deumidificanti. Sono stati anche rifatti completamente i servizi igienici. In tutti i locali, una volta effettuati i consolidamenti strutturali, sono stati ripristinati gli intonaci e le pavimentazioni, avendo cura, non appena possibile, di recuperare in toto manufatti particolarmente significativi rinvenuti durante i lavori (vecchie griglie di ferro battuto per i parlatoi delle monache, ecc.). L’intervento ha anche interessato la ristrutturazione della facciata esterna.

L’arco murario dell’antico monastero era gravemente ammalorato e, in alcune parti, si era addirittura ampiamente sbrecciato. Gli interventi di recupero sono consistiti nella messa in sicurezza , dal punto di vista statico, delle murature esistenti e nella ricucitura delle porzioni crollate. La ricomposizione del paramento è stata effettuata lo stesso tufo impiegato in origine, scegliendo pezzature e tonalità cromatiche il più possibili simili a quelle in opera. La malta di collegamento è stata anch’essa realizzata a partire da materie prime locali, quali tufo e puzzolana. anche la disposizione delle pietre ricalca fedelmente il tessuto originario. In tale cura “artistica” è compeniata, però, dall’elevato livello tecnologico dei materiali e delle procedure impiegati per ripristinare la sicurezza statica delle mura. Sono infatti state utilizzate massicciamente le fibre di carbonio, fornite dalla ditta ATP di Angri, che, sotto forma di fasce di 6 centimetri di larghezza, sono state applicate sulla sommità dell’arco murario. Si è trattato infatti di porre in opera, mediante resina adesiva resistente all’azione dei raggi solari e degli altri agenti atmosferici, due fasce parallele di carbonio, una immediatamente in prossimità della sommità del muro, l’altra circa 20 cm più in basso. Inoltre, dalla sommità del muro sono state eseguite una serie di perforazioni con una carotatrice che scendono in verticale , all’interno del muro stesso, per circa 27 metri; nelle cavità così realizzate sono state infisse delle sbarre di carbonio, prodotte dalla ATP, bloccate all’estremità superiore da piastre speciali di ripartizione di carico, destinate a consolidare ulteriormente la struttura.

In alcuni tratti, ove la muratura era completamente decorsa dai contrafforti retrostanti, sono state realizzate delle catene in fibra di carbonio che, agendo insieme ad una serie di chiodature angolari, hanno ridato monoliticità al binomio contrafforte-muro. Infine la sommità del muro viene coperta con un tessuto non tessuto fissato con resina epossidica in modo da proteggerla dall’azione degli agenti atmosferici e su di essa viene quindi posato un manto di coppi antichi recuperati. In alcune zone, la particolare situazione delle fondazioni delle murature ha richiesto la realizzazione di basamenti di consolidamento in cemento armato di grandi dimensioni (fino a 1,5 metri di spessore) a loro volta appoggiati su una sequenza di pali in cls infissi profondamente nel terreno. Anche questi manufatti sono stati gettati con pompe a cavità elicoidale che, grazie alle loro particolari caratteristiche, hanno consentito di trasportare il calcestruzzo necessario in tubazioni di oltre 120 metri di lunghezza. Accanto alle mura , durante i lavori, è stata rinvenuta una grande cisterna per la raccolta delle acque piovane che, una volta ristrutturata, verrà adibita a serbatoio per lo stoccaggio delle acque, da utilizzarsi nelle operazioni di spegnimento di eventuali incendi.

L’edificio destinato, in progetto, a ospitare l’archivio, che si sviluppa su quattro livelli, ha certamente richiesto un notevole sforzo realizzato sia per le sue particolari caratteristiche sia per la sua localizzazione all’interno del complesso del monastero. In questi locali saranno infatti custoditi importanti e preziosi testi antichi, nonchè documenti di elevatissimo valore testimoniale; proprio per questo gli interventi sono stati particolarmente incisivi e hanno comportato, fra l’altro, l’esecuzione di molti getti di cls per un totale di circa 1500 m3 di materiale trasportato. Sono stati adeguati tutti i solai (gli archivi sono caratterizzati da intensi pesi puntuali), sono stati messi in opera serramenti di sicurezza e realizzato un impianto di i condizionamento particolarmente sofisticato. Infine anche al viabilità di accesso è stata riqualificata , ripristinando le originarie caratteristiche tipologiche. Un tale intervento si è reso necessario sia perchè le strade erano già degradate sia perchè le stesse state utilizzate per l’accesso ai vari cantieri dei mezzi da lavoro, con conseguente forte deperimento funzionale.

Le pompe utilizzate per il trasporto del calcestruzzo nel cantiere di ristrutturazione dell’ istituto “Suor Orsola Benincasa” a Napoli, sono del tipo a cavità elicoidale; prodotte dalla Bunker di Casandrino (NA), esse sono a totale funzionamento oleodinamico e possono gestire la regolazione progressiva della portata, consentendo un pompaggio uniforme, esente da sbalzi di pressione capaci di compromettere la qualità del pompaggio. Queste macchine, caratterizzate da un principio di funzionamento estremamente lineare, sono composte da un rotore (vite ad un principio, a sezione circolare), da uno statore (a due principi, in gomma naturale, caratterizzato da un passo doppio rispetto allo statore) e da una coclea di prealimentazione. Quando il rotore gira nello statore si formano, ogni 180°, delle cavità che, riempitesi di calcestruzzo, lo convogliano, senza pulsazioni, all’ugello terminale sia esso una lancia per lo spritz beton sia un ugello per la realizzazione di getti massivi. La coclea di prealimentazione convoglia il calcestruzzo dalla tramoggia allo statore , evitando la sedimentazione dell’impasto. Oltre al semplice trasporto del calcestruzzo o per lo spritz beton, queste pompe possono essere impiegate per il trasporto e la spruzzatura di malte comuni, di malte premiscelate tixotropiche a ritiro compensato, per iniezioni di boiacche cementizie. Sotto il marchio Bunker sono commercializzati differenti modelli, che si distinguono per accessori e portate, tra i quali spicca la B100 in grado di garantire una portata utile di 7m3/h con una granulometria massima pompabile di 25 mm. Dotata di vaglio vibrante, questa pompa è caratterizzata da una centralina oleodinamica da 60l/min, da un motore idraulico orbitale e da una tramoggia da 180 litri di capacità. La potenza della pompa consente di portare il materiale fino ad oltre 60 metri, superando dislivelli di circa 30 metri.